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Aldro, è "poliziopoli" a Ferrara. Si indaga sulle prove congelate
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione, 31 maggio 2007
31 maggio 2007

E finalmente il caso Aldrovandi arrivò sulle prime pagine importanti e sui telegiornali nazionali in prima serata. Seicentotredici giorni dopo il misterioso e molto violento controllo di polizia in Via Ippodromo, al termine del quale morì un diciottenne che non stava commettendo alcun reato, la grande stampa si accorge dell'apertura alla procura di Ferrara di un nuovo fascicolo, un'inchiesta bis, per scoprire chi ha chiuso alcuni reperti in cassaforte o, addirittura, li ha tenuti congelati per un anno e mezzo. La loro esistenza è emersa nelle ultime settimane grazie all'attività del nuovo questore di Ferrara, Pierluigi Savina, subentrato alla fine dell'estate a Elio Graziano. I reati ipotizzati sarebbero il falso e l'abuso d'ufficio e, se accertati, potrebbero configurare una sorta di "poliziopoli" ferrarese e addirittura influire sul processo ai quattro agenti. Perché tutto ciò avviene a tre settimane dall'udienza preliminare che deciderà sul rinvio a giudizio degli equipaggi delle due volanti in azione all'alba di quel 25 settembre 2006. Quattro agenti accusati dell'omicidio colposo del ragazzo con motivazioni così forti da far presupporre qualcosa al di là della «colpa consistita», come si legge nell'avviso di fissazione dell'udienza, «nell'avere omesso di richiedere immediatamente l'intervento del 118 per una persona descritta dagli stessi agenti in stato di evidente agitazione psicomotoria; nell'avere in maniera imprudente ingaggiato una colluttazione eccedendo i limiti del legittimo intervento; in particolare, pur trovandosi in evidente superiorità numerica, lo percuotevano con i manganelli (due dei quali andavano rotti) e continuando in tale condotta anche dopo l'immobilizzazione a terra; nell'avere omesso di prestare le prime cure pur in presenza di richiesta espressa da parte di Aldrovandi che in più occasioni aveva invocato "aiuto" chiedendo di interrompere l'azione violenta con la significativa parola "basta", mantenendo al contrario lo stesso Aldrovandi, ormai agonizzante, in posizione prona ammanettato, così rendendone più difficoltosa la respirazione». Determinante, nel giugno scorso, l'incidente probatorio con una testimone camerunense, che abitava di fronte al luogo del delitto ipotizzato, a fornire un'indimenticabile lezione di cittadinanza con il racconto della fase finale del controllo di polizia: una gragnuola di manganellate su un ragazzo finito a terra immediatamente e trovato pochi minuti dopo, già inanimato, con le manette dietro la schiena e faccia a terra, da carabinieri e operatori del 118.
I brogliacci con gli orari pasticciati del centralino della sala radio, ritrovati nella cassaforte della questura, e i tamponi con i reperti ematici di Federico, congelati nel freezer della scientifica (di cui Liberazione ha dato notizia ieri) svelano un'attività investigativa tenuta nascosta al pm che, nella primavera 2006, subentrò a una prima magistrata che ha mollato il caso. Dei verbali di acquisizione era a conoscenza uno dei legali della difesa ma non il titolare dell'inchiesta. La domanda viene fuori da sé: per chi lavorava la polizia giudiziaria, almeno nella prima fase delle indagini? Va ricordato che uno degli imputati, l'unica donna, è legata sentimentalmente al capo della pg del tribunale estense e che il vice di quest'ultimo ha condotto le indagini con la prima pm. A nulla sono valsi i dubbi dei legali della famiglia Aldrovandi sull'evidente conflitto di interessi.
Poi c'è la domanda di sempre - cos'è accaduto nei minuti che hanno preceduto la scena raccontata dalla donna camerunense? - che si può articolare in altro modo: perché qualcuno ha truccato il brogliaccio del 113 posticipando l'ora dell'impatto tra agenti e ragazzo? E dove sono stati prelevati i campioni di sangue imboscati in frigo? Una risposta a queste nuove domande potrebbe chiarire perché qualcuno sentì le urla scomposte di una persona poco prima delle sei di una domenica mattina. La famiglia ha ipotizzato più volte che il contatto possa essere avvenuto prima dell'ora riportata negli atti e questo, forse, darebbe ragione delle urla del ragazzo - uscito di casa la sera prima senza documenti d'identità - sentite da chi chiamò il 112 e il 113. «L'ora dell'incontro e le tracce di sangue potrebbero raccontare una colluttazione iniziata prima e diversa da quella che conosciamo», spiega Patrizia Moretti, la mamma di Federico, al sito estense.com , scrupoloso come sempre. «Chi ha modificato il brogliaccio dovrà spiegarne i motivi», afferma Giovanni Trombini, uno dei legali degli agenti. «Fatti nuovi e inquietanti» che il segretario regionale del Prc, Nando Mainardi, mette in collegamento con la chiusura del Link per fatti di droga, nei giorni scorsi, da parte della procura bolognese che ha voluto fare riferimento, nell'ordinanza, proprio al fatto che nel centro sociale, Federico, aveva passato parte della sua ultima nottata. Ma la droga non c'entra con i fatti di Via Ippodromo. La droga ha fatto parte della «strategia del depistaggio» sul caso di "malapolizia" di cui parla anche Mauro Bulgarelli, senatore verde che ha sollevato, con altri, il caso al Parlamento.