Rete Invibili - Logo
In un anno 83 suicidi in carcere. È una specie di pena di morte
Di Sabrina Deligia
Fonte: Da Liberazione 11 marzo 2005
11 marzo 2005
In un solo anno, precisamente dal 2002 al 2003, le carceri italiane hanno "prodotto" 83 suicidi, 25 tentati suicidi, 19 morti per cause non chiare e 9 per overdose, per un totale di 134 ammazzati. In carcere si muore venti volte più che fuori.
C'è la mattanza dei detenuti ma si suicidano anche gli agenti penitenziari (i morti sono in aumentano anche tra loro: dai 2 del 2000 agli 8 del 2004). Per dirla tutta, in questi quattro anni (nell'aprile del 2003) si è tolto la vita anche un direttore. Armida Miserere si è sparata un colpo alla testa nella sua abitazione. Dirigeva il carcere dei suicidi, quello di Sulmona (sei suicidi in due anni, dieci in dodici anni).
Numeri, freddi, ma che è necessario ricordare ogni volta che il regime penale si trasforma in una specie di pena di morte. A partire da questi numeri ieri a Roma si è ufficialmente presentato alla società il Forum nazionale per la tutela della salute dei detenuti e delle detenute e l'applicazione della riforma della medicina penitenziaria. Un nome lungo ma necessario.
Perché la situazione sanitaria nelle carceri italiane è drammatica, dietro le sbarre il diritto dei detenuti alla salute viene negato. Così come viene negata la funzione rieducativa della pena. Diritti costituzionali. Il vecchio sistema sanitario penitenziario gestito direttamente dal ministero della giustizia, è fallito; anche per la drastica riduzione degli stanziamenti in bilancio: si è passati dai 115 milioni di euro del 1998 agli 81 del 2004, con una riduzione di circa il 30 per cento. Ma il punto, denunciano le organizzazioni, è che il governo non ha dato concreta realizzazione alla legge 230 del 1999 sul riordino della medicina penitenziaria, che prevede il trasferimento dal ministero della Giustizia alle Regioni della competenza ad organizzare nelle carceri le prestazioni del Servizio sanitario nazionale. Migliaia di detenuti sieropositivi, tossico e alcol dipendenti, malati di aids, di tubercolosi, di epatiti, di disturbi mentali, portatori di handicap fisici, uomini e donne, madri e figli da 0 a 3 anni non hanno alcun diritto alle cure.