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Diaz, il freelance accusa: «Mi hanno massacrato»
di Emanuela Del Frate e Marina Pagliuzza
Fonte: Liberazione, 26 gennaio 2006
26 gennaio 2006

Otto costole rotte, denti spezzati, una mano fratturata, un polmone bucato, 4 giorni di coma. Questo il ricordo che ha Mark Covell, il ferito più grave del G8 di Genova, a parte Carlo Giuliani, della notte cilena della scuola Diaz. Questo l'elenco che ha snocciolato di fronte ai giudici genovesi.

E' ripreso ieri mattina il processo per il massacro avvenuto nel dormitorio del GSF la notte del 21 luglio 2001. Quella di ieri era la ventunesima udienza, durante la quale sono stati ascoltati tre testi dell'accusa, primo tra tutti proprio Mark Covell, il mediattivista inglese che, in uno dei video più importanti presentati in aula, viene ripreso mentre soccombe alle manganellate e ai calci degli agenti che lo pestano ripetutamente nonostante lui fosse già a terra.

«Io urlavo "stampa, press, giornalista" - ha detto in aula Mark Covell - ma un poliziotto, agitando il manganello, mi disse in inglese che non ero un giornalista ma un black block, aggiungendo 'noi ammazziamo i black block».

Mark Covell venne letteralmente placcato dai poliziotti mentre usciva dalla scuola Diaz per tornare nel mediacenter nella scuola Pascoli. Lì venne picchiato finchè non perse conoscenza.

«Mi diedero manganellate alle ginocchia e poi collassai - ha spiegato ai giudici -; cominciai a notare i poliziotti, mi sembravano circa duecento e temetti per la mia vita. Mi chiedevo se sarei sopravvissuto». «Poi - ha aggiunto - un poliziotto si staccò dalla fila e mi diede un colpo alla spina dorsale. Urlai per il dolore. Mi ruppero otto costole, una mano e alcuni denti, avevo il sangue dentro e non riuscivo a respirare. Ricordo che i poliziotti ridevano e mi sembrava di essere trattato come un pallone da calcio. Poi un poliziotto mi tastò il polso; mi sembrava che stesse cercando di evitare ulteriori attacchi su di me, ma poi si allontanò. In seguito i colpi continuarono».

Alla fine, dopo l'ennesimo colpo, ma stavolta alla testa, Mark perse i sensi per risvegliarsi dopo 4 giorni di coma, piantonato all'ospedale San Martino e in stato di arresto. Il mediattivista ha ancora problemi di salute causati dal pestaggio di quella notte e, nel suo immediato futuro, dovrà sottoporsi ad altre operazioni alle dita della mano e alla spina dorsale.

Dave J. il secondo teste di ieri, è un mediattivista giornalista free lance britannico. Alla fine della tremenda giornata del 21 luglio andò a prendersi una birra in via Trento. Mentre tornava verso il complesso della Diaz, venne affiancato dai blindati della polizia. Dave ha raccontato di aver visto i poliziotti scendere ed incordonarsi. A quel punto scappò rifugiandosi al terzo piano del della scuola Pascoli. La sua testimonianza è continuata con la ricostruzione di ciò che è accaduto in quella parte del mediacenter: poliziotti che sequestravano VHS e minidisc, un giornalista della BBC portato via e persone minacciate con i manganelli. Il minimo che poteva accadere nella notte cilena della Diaz.

Il terzo teste è stato il tedesco Steffen S. che, durante l'irruzione, si trovava al primo piano, proprio davanti alle scale. Una posizione che gli permise di vedere chiaramente l'arrivo dei poliziotti che subito dopo avrebbero pestato tutti i presenti. La testimonianza di Steffen risulta essere importantissima ai fini processuali in quanto ha un preciso ricordo delle divise e dei manganelli usati dai poliziotti.

Riguardo alle prime ricorda perfettamente che non avevano alcun accessorio bianco. Tutti i reparti mobili hanno la cintura e la fondina bianca, tranne il settimo nucleo, quello di Canterini, i cui agenti hanno entrambi gli accessori scuri. Riguardo ai manganelli invece Steffen sembra essere ben informato: li riconosce infatti come tonfa per aver visto questo modello su una rivista americana. Tonfa che sono in dotazione soltanto del settimo nucleo, l'ormai tristemente famoso reparto di Canterini.

Steffen racconta inoltre di aver visto arrivare un ufficiale, anch'esso vestito di scuro che ha iniziato a gridare "Basta! Basta! ", mettendo così fine ai pestaggi.

La testimonianza di Steffen è identica sin nei particolari ai racconti degli altri testi ascoltati nelle precedenti udienze, presenti anch'essi al primo piano della scuola Diaz. Una testimonianza che permette, quindi, di delineare in modo definito la successione degli eventi in quella parte della famigerata scuola. Il processo per la Diaz continua oggi al Tribunale di Genova.